domenica 20 settembre 2009

Il grande silenzio

Oscar Wilde scriveva: "C'è sempre qualcosa di ipocrita nelle tragedie degli altri". Questo mi viene in mente quando le signore anziane del mercato si lamentano fra loro raccontando le loro disavventure di salute, e alla fine ne esce sempre una vittoriosa, che ha avuto più guai della contendente. E lo stesso meccanismo lo sento nelle parole degli amici dei morti che trasmettono la loro sofferenza, le loro parole di conforto in mondo visione, davanti ad un giornalsita munito di videocamera.
Sarebbe una buona cosa avere rispetto per i morti. Chissà che questi un giorno si sveglino e ci sgridino per la nostra condotta nei loro confronti. Perché i professionisti dell'informazione ci dicono che questo è il momento del lutto, della pietà, della commemorazione dei caduti in guerra.
6 soldati italiani sono morti. In guerra.
E' un fatto, nulla di più. Fossero morti mentre andavano a far la spesa, allora capirei tutto questo rumore. Ma sono morti in 'missione di pace'. E il nazionalismo becero si risveglia quando muoiono degli italiani. E allora giù di dolore e di sdegno. Le telecamere, gli occhi della società, entrano nelle case dei familiari e ci dicono tutto quello che apparteneva a questi soldati. Chi erano, cosa facevano prima di morire, quanti figli hanno lasciato, l'ultimo sms inviato, i loro progetti di vita. I microfoni raccolgono le voci spezzate dal dolore, i nastri imprimono lacrime in digitale così che tutti possiamo condividerne il dolore sui nostri televisori di ultima generazione.
Bisogna avere rispetto per i morti, per carità. Ma questi non riposano in pace. Questi vengono fatti risorgere dalla tv, da Dio in persona. Che ce li porta tutti giorni in casa, nell'edizione del pranzo e della cena, così che noi increduli possiamo mettere le mani nei rispettivi costati. E capire che in guerra si muore davvero. Davvero!
E' un evento sacro, e bisogna portare rispetto certo. Bisogna pregare che una cosa così non succeda mai più. Ma bisogna anche pregare che il conteggio dei morti non superi quello odierno di 25mila persone, 5mila delle quali solo nei primi 6 mesi del 2007. E perché una cosa così non capiti più l'unica cosa da fare è andarsene.
Michele Serra, giornalista di La Repubblica, diceva che l'Italia si salverà quando smetterà di applaudire ai funerali. Condivido: l'Italia sarà un Paese educato, maturo quando di fronte ad una perdita starà in silenzio, un grande silenzio per il rispetto di tutti gli altri.

La vignetta è di Vauro

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