mercoledì 22 settembre 2010

Non chiamateLa guerra: la strategia afgana per riportare la droga al suo posto

Dire che la Guerra in Afghanistan è una missione di pace non è solo un'ipocrita velatura semiotica. Non è solamente una questione di non chiamare le cose con il proprio nome. Il fatto è che, in tempi di crisi, le cose come queste vanno chiamate in un altro modo altrimenti costerebbero. Guerra deve diventare Missione di Pace per motivi economici. Eh sì. Non tanto, ma comunque costerebbero. Denaro. Perché vedete, forse nemmeno quel giornalista che riffa le notizie di La7, Carlos Mentana, che si esibisce in assoli contro la musica vecchia, stanca e marcia di Menzognini sul Tg1 e il contenitore vuoto di Canale5, beh nemmeno lui ti dice perché non la puoi chiamare (leggetelo in silenzio) guerra. Non la puoi chiamare così perché altrimenti i famigliari delle vittime dovrebbero ricevere dei risarcimenti. E invece se tu la chiami 'missione di pace' i parenti dei morti non ricevono un euro. Moglie e figli senza trattamenti previsti da una situazione di guerra. E' un'ipocrisia ma tant'è, cosa ci vuoi fare. E' la crisi, tesoro.
Oppure davvero non si tratta di una guerra. Ma di una strategia americana, ordita dalla Cia, per riequilibrare il mercato della droga mondiale, pilastro necessario per l'economia moderna capitalistica e globalizzata. Su Terra ho riportato un articolo dedicato all'argomento. Ma l'ho riportato da un'inchiesta di Enrico Piovesana, giornalista di PeaceReporter. Perciò qui di seguito vi riporto il suo di articolo, che è meglio:

Eroina afgana sui voli militari britannici di ritorno dal fronte. La notizia rafforza i sospetti sui reali interessi economici che si nascondono dietro la guerra in Afghanistan

La notizia, diffusa lunedì dalla Bbc, dei militari britannici e canadesi accusati di trasportare eroina in Europa sfruttando l'assenza di controllo sui voli militari di ritorno dal fronte, non fa che rafforzare i sospetti sui reali interessi economici che si nascondono dietro la guerra in Afghanistan.
Il traffico 'militare' di eroina scoperto tra le
basi Nato nel sud dell'Afghanistan (Helmand e Kandahar) e l'aeroporto militare di Brize Norton, nell'Oxfordshire, verrà liquidato con la solita spiegazione delle 'mele marce', del caso isolato che riguarda solo alcuni individui.
Più probabilmente si tratta invece della
punta dell'iceberg, o meglio delle briciole di un traffico ben più grande e strutturato che i suoi principali gestori - militari e servizi segreti Usa - lasciano ai loro alleati, evidentemente meno bravi di loro nel non farsi scoprire.
Solo pochi mesi fa sulla stampa tedesca era venuto fuori che una delle principali agenzie private di contractors addette alla logistica delle basi Nato in Afghanistan - la
Ecolog, sospettata di legami con la mafia albanese - era coinvolta in traffici di eroina afgana verso il Kosovo e la Germania.
L'anno scorso fece molto scalpore la rivelazione, del
New York Times, che Walid Karzai, fratello del presidente afgano e principale trafficante di droga della provincia di Kandahar, fosse da anni sul libro paga della Cia.
"I militari americani non contrastano la produzione di droga in Afghanistan perché questa frutta loro almeno
50 miliardi di dollari all'anno: sono loro a trasportare la droga all'estero con i loro aerei militari, non è un mistero", dichiarava nell'estate 2009 a Russia Today il generale russo Mahmut Gareev.
Già nel 2008 la stampa russa, sulla base di informazioni di intelligence non smentite dall'allora ambasciatore di Mosca a Kabul,
Zamir Kabulov, rivelava che l'eroina viene portata fuori dall'Afghanistan a bordo dei cargo militari Usa diretti nelle basi di Ganci, in Kirghizistan, e di Inchirlik, in Turchia.
Nello stesso periodo, un articolo apparso sul quotidiano britannico
Guardian riferiva delle crescenti voci riguardanti la pratica dei militari Usa in Afghanistan di nascondere la droga nelle bare dei caduti aviotrasportate all'estero, riempite di eroina al posto dei cadaveri dei soldati.
"Le esperienze passate in
Indocina e Centroamerica - si leggeva, sempre nel 2008, sull'americano Huffington Post - suggeriscono che la Cia potrebbe essere coinvolta nel traffico di droga afgana in maniera più pesante di quello che già sappiamo. In entrambi quei casi gli aerei Cia trasportavano all'estero la droga per conto dei loro alleati locali: lo stesso potrebbe avvenire in Afghanistan. Quando la storia della guerra sarà stata scritta, il sordido coinvolgimento di Washington nel traffico di eroina afgana sarà uno dei capitoli più vergognosi".
Nel 2002 il giornalista ameriano
Dave Gibson di Newsmax ha citava una fonte anonima dell'intelligence Usa secondo la quale "la Cia è sempre stata implicata nel traffico mondiale di droga e in Afghanistan sta semplicemente portando avanti quello che è il suo affare preferito, come aveva già fatto durante la guerra in Vietnam".
Secondo lo storico Usa
Alfred McCoy, principale studioso del coinvolgimento della Cia nel narcotraffico in tutti i teatri di guerra americani degli ultimi cinquant'anni (fino alla resistenza antisovietica afgana degli anni '80), il principale obiettivo dell'occupazione americana dell'Afghanistan era il ripristino della produzione di oppio, inaspettatamente vietata l'anno prima dal Mullah Omar nella speranza di guadagnarsi il riconoscimento internazionale.
I fatti, e il buon senso, sembrano confermare la tesi di McCoy: dopo l'invasione del 2001,
la produzione e lo smercio di oppio afgano (e dell'eroina) sono ripresi a livelli mai visti, polverizzando in pochi anni i record dell'epoca talebana, mentre le truppe Usa e Nato si sono sempre rifiutate di impegnarsi nella lotta al narcotraffico, continuando a sostenere i locali signori della droga.
Rimane
una domanda di fondo: perché mai gli apparati militari e d'intelligence americani, in teoria dediti alla sicurezza nazionale e internazionale, mirano da decenni al controllo del narcotraffico? Per la venalità dei loro vertici corrotti? Per garantirsi fondi neri per operazioni coperte? O forse dietro c'è qualcosa di più strategico e sistemico che, alla fine, riguarda realmente il mantenimento della la sicurezza?
Il direttore generale dell'Ufficio Onu per la droga e la criminalità (Unodc),
Antonio Maria Costa, ha implicitamente risposto a questa domanda, dichiarando che gli enormi capitali derivanti dal riciclaggio dei proventi del narcotraffico costituiscono la linfa vitale che garantisce la sopravvivenza del sistema economico americano e occidentale nei momenti di crisi.
'La maggior parte dei proventi del traffico di droga, un volume impressionante di denaro, viene immesso nell'economia legale con il riciclaggio'', affermava Maria Costa nel gennaio 2009. ''Ciò significa introdurre
capitale da investimento, fondi che sono finiti anche nel settore finanziario, che si trova sotto ovvia pressione (a causa della crisi finanziaria globale, ndr)''.
''Il denaro proveniente dal narcotraffico attualmente è l'unico capitale liquido da investimento disponibile'', proseguiva il direttore dell'Unodc. ''Nel 2008 la liquidità era il problema principale per il
sistema bancario e quindi tale capitale liquido è diventato un fattore importante. Sembra che i crediti interbancari siano stati finanziati da denaro che proviene dal traffico della droga e da altre attività illecite. E' ovviamente arduo dimostrarlo, ma ci sono indicazioni che un certo numero di banche sia stato salvato con questi mezzi''.

domenica 12 settembre 2010

L'immigrazione spiegata al bar

L'incontro che ho avuto l'altra sera con Karim Metref al bar (http://piemondo.over-blog.org) è stato davvero interessante. Karim mi parlava del suo ultimo libro, di quello che avrebbe scritto a proposito dell'immigrazione. E cioè che esistono due buonismi sul discorso che andrebbero approfonditi. Ma non voglio essere didascalisco perciò ve lo racconterò a partire da un migrante che lascia l'Africa nera per intraprendere un lungo viaggio verso l'Eldorado-Italia che proprio Eldorado non è. Ebbene, egli spenderà tutti i suoi averi per attraversare il deserto (non so se qualcuno della Lega ci sia mai stato nel deserto - non valgono i resort turistici!) condividendo i suoi patimenti con un folto gruppo di sfortunati. E' facile ipotizzare che l'idea del viaggio sia stata concepita in un regime alimentare carente e in un ambiente precarizzato dal punto di vista lavorativo. Perciò in condizioni mentali abbastanza tragiche, direi. Il migrante, qui in veste di emigrante, attraversa un lungo processo di selezione naturale dove solamente i più forti riusciranno a raggiungere le coste europee. Arrivati sulle sponde della Libia alcuni verranno incarcerati e maltrattati, alcuni uccisi e seviziati altri scapperanno e riusciranno a partire alla volta dell'Italia (pensate, proprio quel paese che ha permesso loro di essere maltrattati e seviziati e magari uccisi). Il fortunato migrante (fortunato: dipende dai punti di vista) arriverà in un paese dove sarà odiato e disprezzato da alcuni, aiutato da altri: aiuto che però ha alla radice qualcosa di controverso, confuso. Il migrante - nella fettispecie si parla di immigrato - sentirà dire da analisti, sociologi, volontari dell'informazione: "l'immigrato è necessario all'economia italiana" oppure "l'immigrato è portatore di crescita demografica".
Ma può essere veramente così facile? Dire che l'immigrato è necessario all'economia italiana è improprio: diciamo 'conveniente'. Sì, il migrante conviene all'immigrazione. E chi se no accetterebbe di raccogliere frutta, farsi pagare due euro per una giornata di lavoro e poi andare a dormire in un silos abbandonato? Un uomo nero, forte (ricordiamoci che è stato selezionato da madre natura nel deserto) e giovane. Sì, giovane. Perché mica emigrano gli anziani. E così la popolazione italiana risulta ringiovanita. Figli in più chi li fa? Nessuno se li può permettere. E' questo il vero problema. E' questa la ragione dell'invecchiamento progressivo del nostro paese. E i vari Maroni, Bossi, Calderoli, Borghezio che tanto si prodigano per aiutare lo straniero, lo bloccano sul nascere (l'immigrato infatti nasce quando immigra, non quando abita la sua terra) pensate che queste cose non le sappiano? Ovviamente le sanno. Ma è difficile estirpare il male alla radice, controllare un sistema, anzi Sistema come lo definisce Saviano, marcio e corrotto, pigro e ipocrita. Chi è più colpevole, infatti? Lo schiavo che farebbe qualunque cosa per mangiare o l'imprenditore che sa che quel lavoratore dalla manodopera inesistente andrà a patire il freddo in un alloggio senz'acqua potabile? Certo, sono i rumeni ubriachi e i marocchini spacciatori ad uccidere, non gli imprenditori che al massimo danno lavoro. Quando Prodi aumentò il controllo fiscale per combattere l'evasione si mise contro tutti. Ora possiamo pensare che quella manovra è forse non uno strumento meramente economico ma sociale: un modo di rimediare all'immigrazione impazzita. Il controllo economico, il mercato nero. Ma Prodi (anche se non lo difendo in toto, ci mancherebbe) è stato battuto perché non televisivo e ora ci dobbiamo accontentare della politica spot di Berlusconi che fa politica attraverso gli slogan: "Meno tasse per tutti".

Sì, e anche meno problemi morali.

mercoledì 1 settembre 2010

Ho fatto due etti d'etica. Che faccio, lascio?

Da dove cominciare? Partendo dall'appurato fatto che più che colonello Gheddafi è un dittatore vero e proprio, mi spiace che se ne sia già andato da Roma. E' stata una visitina così breve. Breve ma intensa. Già mi immagino Berlusconi che all'uscita della sua villa chiede stupito al dittatore: "Ma dove te ne vai? Di già? Ma prendi ancora una bignola..." e Gheddafi che con un gesto di amazzone (che pensavo fosse una leggenda, invece esistono veramente!) rifiuta cordialmente. E se ne va. Ma non prima di aver siglato vari e importantissimi accordi. Importantissimi, sì.
Ma per chi?
Chissà cosa pensa un immigrato, rinchiuso in una cella 1metrox1metro, quando vede la nazione in cui desiderava approdare (nel nostro caso l'Italia: ma è solo una supposizione!) e per la quale aveva speso tutti i suoi soldi, pochi a dir la verità, vederla accordarsi con il proprio paese da cui cerca disperatamente di scappare. Un dittatore che fa accordi con l'Europa oggigiorno? E' come dire che gli americani fecero accordi con i nazisti o gli europei anni'80 con i dittatori sudamericani.
Meno male che la tv non c'è, non ancora, in queste carceri libiche da dove Dio solo sa se un immigrato uscirà vivo per non tornarci. Senza tv non si sa nemmeno cosa stiano dicendo i due dittatori, pardon: il Colonello e il Cavaliere (ma Berlusconi in guerra andava a cavallo? Perché Cavaliere?). La tv non c'è, ma se ci fosse un po' d'acqua... Taci negro, gli direbbe Gheddafi, sono occupato in tutt'altro tipo di accordo.
E oltre alla tv meno male che non esiste stampa libera, come invece esiste da noi (ma davvero?). Altrimenti il povero immigrato prossimo alla morte (ma ci credete che in carcere in Libia si muore o no? Se aspettate Minzolini che ve lo dica... Guardatevi piuttosto il documentario "Come un uomo sulla Terra") avrebbe letto l'intervista fatta dall'organo informazionale La Stampa a pag.7 al sindaco leghista di Verona Flavio Tosi (che io mi chiedo: perché proprio lui?) il quale dice: "Se parliamo di etica dovremmo rompere con i cinesi". E ha ragione. Meglio non parlarne di etica. Per evitare di fare brutte figure. Tosi dice: "Ma scusate, le prove di verginità le esigiamo solo da Gheddafi? Io non dico che sia un santo ma se dovessimo ragionare da un punto di vista etico non avremmo più rapporti commerciali con mezzo mondo. L'Oriente, l'Africa, la Cina dove ogni anno ci sono 5mila esecuzioni capitali, il 90 per cento delle condanne a morte del mondo... E allora che facciamo, siccome sono un po' tiranni smettiamo di avere scambi?".
Eh già. Sono solo un po' tiranni. Che sarai mai? Ma siamo obiettivi, Tosi su una cosa ha ragione: la politica non conosce etica. Altrimenti non si fanno accordi economici, non si progredisce, si resta poveri. L'etica è ormai un prodotto di scarto. Immagino il mio salumiere che chiede:
"Ho fatto due etti d'etica. Che faccio, lascio?"
"Per carità, la tolga, la tolga. Mi fa male alla digestione. E tutto un di più, quello".
Pensiamo prima alle cose concrete. A magnà. E sennò che si fa? Sindachiamo su ogni morte ingiusta di un operaio malpagato in Cina? Ohhh, saranno 2 miliardi, che sarà mai uno in più o uno in meno.
E poi si sta parlando di politica o di economia? Si parla di economia, anzi di Economia perché fior fiori di aziende sono interessate a mettere le mani in pasta libica, quelle che più rappresentano l'Italia: Eni, Finmeccanica, Enel, Impregilo, Sai, Unicredit, Telecom e Confindustria. Ah sì, c'è pure Ben Ammar, l'amico imprenditore tunisino di Berlusconi con il quale si è divertito a realizzare il film Baarìa, osannato kolossal a livello internazionale.
Ma torniamo a noi. Si parla di economia. Nient'altro. Ma Berlusconi e Gheddafi sono economi?
No, loro devono assicurare che tu, operaio in cassa integrazione, arrivi a mangiare a fine mese. Solo a fine mese. Gli altri 30 giorni vedi di aggiustarti. Ma è già un inizio. Poi che tu mangi sulle spalle di un libico che c'entra? Ognuno pensa al proprio benessere. E, come ha detto anche Tosi, "Gheddafi ha certamente fatto quello che è, dal punto di vista libico, l'interesse nazionale". Ma sicuro. Con i soldi che arriveranno alla Libia sono convinto che il Colonnello sfamerà l'intero paese. Si svenerebbe Gheddafi per il suo popolo. Moltiplicherebbe pani e pesci se solo fosse cristiano. Via i maligni dalla Libia. Con soli 5 miliardi, che Gheddafi ha chiesto all'Unione Europea per combattere l'immigrazione (non farebbe prima a pagare chi se ne vuole andare?), si potrebbero aprire nuove carceri e rinchiudere gli immigrati, che rischiano di far diventare l'Europa più, come ha detto il leader libico, "nera". 'sti negri. 'sti zozzoni. Invece più polizia, più posti di lavoro: questo dev'essere lo slogan.
Torniamo a te, operaio in cassa integrazione: non ti devi più preoccupare di nulla. Ci pensano i vertici per te. Dimentica l'etica e tutto andrà liscio come l'olio (i maligni direbbero questo con un ampio gesto del braccio che mima l'ingresso di un qualcosa di appuntito nel deretano).
Ma, signor commendatore, io a fine mese non so se c'arrivo stavolta. Mia moglie fa la maestra (e lei credo che abbia già capito tutto) e c'ho due figli. Ste vacanze non sapevo dove portare le creature! Ma che dice, c'arivo?
Ma certo, fidati di noi.
Ma non è che mangio sulle spalle di qualche disgraziato?
Ma che dici? Non siamo bestie noi. Siamo politici! Fai così: se ti senti in colpa fa un'offerta in Chiesa (cristiana o coranica fa lo stesso), per i poveri. Vedrai che starai meglio. E i tuoi figli portali al supermercato: là pure l'aria condizionata. Starete tutti meglio.
Meglio.

Sì, meglio. Meglio che mi date un secchio: sto per vomitare.