giovedì 18 giugno 2009

Il buio oltre la siepe

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
de l'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.

Trama.
Un poeta scrive un'ode dedicata alla propria angoscia davanti all'odiernità, alla propria tendenza immaginifica di fronte all'infinito. Lo scrittore in questione immagina di essere seduto in faccia ad una siepe aldilà della quale non sa spiegarsi cosa ci sia. Essa nasconde un qualcosa d'indefinibile, verso il quale però sente di essere attratto. Aldiqua lo scrittore sa che cosa c'è. C'è la vita, con le sue gioie ed illusioni, le sconfitte e le speranze, il proprio destino composto da una moltitudine di sfaccettature. Ma aldilà della siepe cosa c'è? Forse una sovrastruttura capace di incastrare i molteplici destini, una forza sovraumana che aldisopra di tutto manovra le vite degli esseri umani, lo spirito della convivenza fra uomini, i discorsi e i fatti, una mente suprema e ancenstrale, un sensibilità innata dell'uomo a unirsi e collaborare... "Non è forse questa" si interroga il poeta "la politica?". Sì: aldilà della siepe v'è la politica. Realizzato ciò il poeta, italiano, viene colto da un eterno sconforto.

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