giovedì 22 luglio 2010

Priolo occupata dal solare

E' stata inaugurata, dopo solo dieci anni di conflitti, la centrale solare Archimede in quel di Priolo in provincia di Siracusa. L'impianto è stato festeggiato in pompa magna alla presenza del ministro per l'ambiente Prestigiacomo (Pdl) la quale ha più volte sostenuto l'eventualità, nonché la necessità, di ritornare al nucleare.
Ma parliamo del fotovoltaico. Finalmente una buona notizia per l'ambiente. Energia pulita e rinnovabile. Solamente con qualche piccolo, piccolissimo sacrificio. Ad esempio quello di suolo. Infatti, il campo solare in questione realizzato dall'Enel occupa una superficie di 300 ettari. Se ci pensiamo bene è una vastissima zona che si traduce in uno spaventoso spreco di risorsa prima, il suolo appunto, dal momento che di asfalto, e quindi di superfici già compromesse, in Italia siamo pieni. Basti pensare alle autostrade, ai parcheggi, senza contare le migliaia di tetti di abitazioni private. Probabilmente la tecnologia termodinamica non è facile da installare sui tetti. Sì, perché il solare di cui stiamo parlando è quello termodinamico che usa lunghe file di specchi a parabola per concentrare il calore del sole su un tubo dove scorre dell'olio. In questo caso, e qui sta tutta l'avanguardia di questo impianto italiano, invece dell'olio si usano sali fusi realizzati dalla azienda umbra Angelantoni. Tutto farebbe pensare a un polo solare in grado di risollevare l'Italia dal baratro energetico. Ma non pare proprio. Perché la potenza di tutto questo popò di roba ammonta a 4,96 Mw: quanto due pale eoliche nemmeno tanto grosse. Il progetto iniziale voleva produrne 50 di Mw. Chissà, forse è stato scartato perché altrimenti avrebbero dovuto far evacuare la Sicilia. Bisognerebbe chiederlo all'Enel.
La cosa positiva rispetto agli altri impianti solari è che questo mix di sali riscaldati permette di avere un range di temperatura dai 290 ai 550 gradi e perciò funzionare anche di notte. Enel ed Enea parlano di un'autonomia di otto ore al buio. La speranza è che questo abbia perlomeno dei fini sperimentali (in teoria è così ma aspettiamo la pratica). Perché ora i costi sono ancora troppo alti per una resa energetica bassa e la turbina che fa girare la corrente elettrica non è solo alimentata dal vapore (perché la tecnologia termodinamica prevede che i sali scaldati facciano bollire dell'acqua e il vapore prodotto faccia girare la turbina) ma anche dal gas di un impianto combinato, diciamo tradizionale. Ma se si migliorasse la tecnologia...
Da aggiungere che Priolo ha già ospitato in passato il più grande polo petrolchimico d'Europa, oggi decadente dopo lo scandalo tangenti Isab del 1973. E' perciò una zona già indicata più volte per ospitare progetti faraonici. Oggi i reperti archeologici, tra i quali necropoli e resti di città greche, si alternano inglobati dalle industrie abbandonate. E' di pochi anni addietro, poi, il progetto, sfumato anche questo per problemi legati al rischio di inquinamento, dell'impianto Recovan che doveva lavorare gli scarti industriali dai quali estrarre il mercurio. In più la Erg sta contrattando con la Shell per un impianto di rigassificazione, uno dei quattro previsti dal Piano Nazionale Energetico per sopperire al crescente fabbisogno di gas della penisola (che riceveremo liquido dalla Libia dopo gli accordi Berlusconi-Gheddafi). Sono sorti comitati, proteste che si sono unite a quelle di un termovalorizzatore nella zona, insomma è un'area sulla quale in molti han provato a costruire. Finalmente oggi il solare, unico progetto concluso. Ma perché proprio qui? Cos'ha Priolo che attira progetti simili in gran numero?

Intanto che qualcuno ci fornisca la risposta, a Los Angeles hanno sperimentato i primi pannelli biologici: infatti i pannelli utilizzati da tutti ora sono un derivato della plastica che, come si sa, è a sua volta un derivato del petrolio. I pannelli bio utilizzano delle alghe al loro interno che attraverso la fotosintesi producono a loro volta idrogeno. Tutto ciò è ancora in via sperimentale ma ha già dato buoni risultati in laboratorio. Certo, è un po' poco direte voi. Ma sempre meglio che sperimentare dopo aver sterilizzato 300 ettari di terreno costiero libero, dico io.

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